Il rullo compressore e il violino
di Andrej Tarkovskij
(Russia 1960, 35 mm, col., 43', versione originale con sottotitoli).
Con I. Fomcenko, V. Zamjanskij, M. Adzubej.

Questo piccolo film racconta l'amicizia lunga un giorno tra un violinista di sette anni e un uomo che guida un rullo compressore. Sasha, il piccolo, è tormentato e deriso dai monelli del vicinato perché suona il violino, ma Sergey è un uomo gentile e lo difende. Poi, di ritorno da una lezione in cui non è riuscito a suonare bene come sempre, l'uomo del rullo compressore chiede al bambino di passargli una chiave per riparare il motore; poi lo fa salire sulla specie di trattore (e Sasha si porta anche il violino), e poi lo fa guidare da solo tra l'invidia degli altri bambini: a questo punto il piccolo Sasha comincia a desiderare più un rullo compressore che uno Stradivari...
Corruzione della gioventù o dimostrazione che tutte le arti sono altrettanto nobili nella Madre Russia, la falce e l'archetto? In fondo, precisa il bambino, il suo violino costa poco, solo 60 rubli, è grande 1/2, un modello da studio. Niente di troppo lontano dal mondo di Sergey. In verità la grandezza autentica non si sente fuori posto in nessun luogo, e così quando il piccolo suona, splendidamente, per l'amico meccanico, riesce a trovare il punto in cui l'acustica è migliore, anche tra le pareti scrostate di un magazzino. Rimane che l'amicizia può stringere insieme le persone più diverse, un uomo e un bambino che ci mettono un bel po' a chiedersi come-ti-chiami, ma Sergey, prima di toccare il violino, si ripulisce le mani e lo trova davvero molto leggero. Poi insegna al piccolo che fumare fa male e bisogna avere rispetto di una pagnotta di pane. Rimane anche che la sensibilità è questione di carattere, e varia molto da persona a persona: dopo il lavoro, i due amici si danno appuntamento al cinema. Ma la madre, già turbata dal trovare le mani (da violino) del figlio sporche di olio meccanico, non gli permette di uscire. E poi avevano già un impegno, e chiude a chiave il bambino nella sua stanza, che peraltro neppure tenta di girare la maniglia della porta. Il meccanico finirà al cinema con una ragazza, un'operaia come lui, che da tempo cercava la sua attenzione.
È questo il mediometraggio che Tarkovskij girò nel 1960, a 28 anni, come saggio di diploma al VGIK, la scuola di cinema di Mosca. Contiene però molti degli elementi che segneranno il cinema del Tarkovskij maturo: il gusto di far intuire le cose più con immagini da decifrare che con dialoghi lineari (la demolizione del vecchio edificio che sgombera la visuale e lascia scorgere un nuovo bellissimo palazzo), il ricorrere delle immagini riflesse nell'acqua o negli specchi come finestre aperte sulla coscienza dei personaggi. E davanti a uno specchio, il piccolo violinista chiuso in camera dalla madre sogna ad occhi aperti di raggiungere Sergey e il suo rullo compressore.
Curiosità: i due amici sarebbero andati al cinema per vedere il Ciapaiev di Vessiliev (1934), il comandante dell'Armata Rossa tanto valoroso in combattimento da conquistarsi il rispetto dei nemici; le partiture che il piccolo violinista tiene sopra il leggio sono senza scampo musica per pianoforte.

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