La mostra Africa. Capolavori da un continente presenta in quattro sezioni oltre 400 opere,
datate dal primo millennio allinizio del secolo scorso e provenienti dalle maggiori collezioni
d’Europa, America e Africa. Si è cercato, forse per la prima volta, di fondare un percorso coerente di
storia dell’Arte Africana e di stabilire un confine definitivo tra arte e artigianato, selezionando solo
opere antiche e di effettivo valore estetico.
La mostra sottolinea la diversità della creazione artistica africana che non è imitazione del reale,
anche quando è realistica, ma è il prodotto di una potente forza espressiva.
La prima sezione è dedicata all’arte antica, la meno nota e la più sorprendente per i lavori in mostra:
sculture in terracotta della regione di Nok (VI - VII secolo), capolavori sofisticati di una civiltà che
dominò per quindici secoli l’area dell’odierna Nigeria; sculture bronzee di impressionante classicità dal
Museo Nazionale del Lagos; sontuosi bronzi del Benin, il più ricco e grande regno africano; sculture lignee
dei popoli della Falesia, i Dogon (XI - XV secolo).
La seconda sezione è dedicata alla più vasta selezione di avori afro-portoghesi mai esposta: incisioni
finissime, gioielli realizzati da artisti africani su committenza europea.
La terza sezione ospita una raccolta di capolavori di autori europei che, tra la fine del XIX e l’inizio
del XX secolo, scoprirono l’arte africana, modificando profondamente la loro espressione artistica e la
storia dell’arte occidentale, con opere di Picasso, Modigliani, Brancusi, Derain, Matisse, Moore, Legér,
Laurens, Gauguin.
L’ultima sezione espone 120 sculture dall’eccezionale valore estetico: maschere, statue e feticci dell’arte
africana d’inizio ’900, che suscitarono l’interesse delle avanguardie parigine per un’arte allora definita
primitiva e il conseguente diffuso collezionismo in Europa e in America.
Amadou Kourouma, uno dei maggiori scrittori africani contemporanei, ha scritto un testo per la mostra, diviso
in veglie o stazioni, al modo dei cantastorie tradizionali africani.
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La mostra sulla montagna presenta oltre 250 dipinti, un piccolo lotto di sculture, e circa 200
documenti, da carte geografiche a modelli d’epoca ad apparati fotografici, provenienti da Louvre,
Tate Gallery, Brera, Uffizi, Staatliche Museen di Berlino. Una ricca e autorevole ricognizione sul
fascino della montagna, con le sue implicazioni artistiche, filosofiche e scientifiche.
Il percorso è suddiviso in quattro sezioni.
Nella prima, L’intuizione e la ricerca scientifica, con artisti fiamminghi e tedeschi del Quattro
e Cinquecento, viene mostrato il passaggio da una visione immaginifica della montagna alla riflessione
scientifica critica, con i primi tentativi di rappresentazione veritiera della natura di Dürer.
Segue La scoperta della montagna. Dal Sublime al Romantico: la montagna che attrae e respinge, esalta e
impaurisce, tra bellezza sublime e terrore. Con opere che vanno dal '700 francese di Füssli, Wolf, Dorè,
alla visione romantica ottocentesca di Friedrich, Schinkel, Dahl.
La terza sezione, La smaterializzazione della montagna. Dal Simbolismo all’espressionismo ci conduce in
pieno ’800 fino agli inizi del XX secolo, con Vallotton, Moreau, Münch, Cézanne, Hodler, Kandinskij,
Kirchner, De Chirico, tra gli altri.
L’ultima sezione, La negazione della montagna. L’arte contemporanea, ci porta al periodo successivo alla
seconda guerra mondiale. Cambiano la percezione dell’artista, i linguaggi e i mezzi espressivi: dall’art
brut di Dubuffet, al pop di Warhol e Schifano, all’arte povera di Richter e Merz, ai Neue Wilde come Georg
Baselitz, alla transavanguardia di Enzo Cucchi, fino a Le tre cime immacolate di Anish Kapoor, che riprendendo
la modellistica al computer tipica della geologia, chiude idealmente la mostra, in un dialogo ravvicinato con
la scienza contemporanea.
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